La tensione sale alle stelle tra i vertici europei e il presidente turco Erdogan nell’ultimo incontro sulle normative contro la violenza sulle donne. Qual è il vero messaggio dietro a questo atto simbolico?
Il 6 aprile ad Ankara, in Turchia, si è verificato un incontro tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen affiancata dal presidente del consiglio europeo Charles Michel. L’obiettivo del colloquio era far ripartire la relazione tra l’UE e la Turchia, e allo stesso tempo esternare la preoccupazione per il ritiro, avvenuto lo scorso 20 marzo, del Paese dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.
Il tutto è passato in secondo piano: ciò che più ha interessato i media e prodotto scalpore è stata l’insufficienza del protocollo europeo nella preparazione della visita. La presidente della Commissione, infatti, è stata lasciata in disparte senza un posto a sedere, disponibili solo per i due uomini. Rimanendo in piedi, le è stato indicato un divano su cui accomodarsi, di fronte al ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, inferiore rispetto a lei nel protocollo diplomatico.
Chiunque si sarebbe aspettato una reazione immediata da parte del presidente del consiglio europeo, il quale avrebbe dovuto cedere il posto a Ursula von der Leyen. Eppure Michel si è limitato a prendere posto, per poi scusarsi solo in un momento successivo, inoltre tentando di giustificarsi scaricando la colpa unicamente sull’organizzazione turca.
Il protocollo diplomatico infatti costituisce un insieme di simboli che hanno una forte importanza, soprattutto nei rapporti internazionali.
La questione è stata quindi immediatamente letta sotto una chiave sessista, interpretando questo gesto, per niente casuale, indice di sottostima della presidente perché donna. La vicenda rende il tutto particolarmente ironico, considerando che uno dei principali argomenti all’ordine del giorno verteva proprio sulla violenza nei confronti delle donne.
E’ tuttavia possibile osservare la vicenda da un punto di vista diverso: Il presidente Erdogan durante il cerimoniale ha fatto uso di strategie diplomatiche già verificatisi nella storia dell’impero ottomano nel quale il visir era solito far sedere i diplomatici stranieri su una sedia più bassa rispetto alla propria utilizzando quindi in maniera esplicita la sala degli incontri come una chiara rappresentazione del rapporto di potere esistente tra gli interlocutori e gli stati.
Lo sgarbo della presidente della Commissione Von Der Leyen, che rappresenta l’Europa come potenza unita, rende dunque evidente l’intento di Erdogan di dialogare piuttosto con Charles Michel, colui che, oltre ad essere uomo, rappresenta in qualità di Presidente del Consiglio Europeo gli stati europei presi singolarmente.
È perciò evidente che l’Europa intesa come comunità europea abbia perso ancora una volta la capacità di imporsi come potenza politica e diplomatica non riuscendo ad esprimersi allo stesso livello della propria potenza economica.
Non per nulla l’Europa, costituita da un insieme di stati che vantano una tradizione secolare a livello diplomatico, politico e militare, ed interessi spesso contrastanti a livello geopolitico fatica non poco a ricondurre gli interessi di tutti ad una strategia comune.
L’UE si è dimostrata impacciata e rigida: né Emmanuel Macron, presidente della Francia, né Angela Merkel, cancelliera della Germania, hanno reagito, ignorando l’avvenuto e preferendo l’inazione.
Solo il premier italiano Mario Draghi si è esposto uscendo dalla generale indifferenza europea, definendo Erdogan un “dittatore” durante una conferenza stampa. Il presidente del consiglio ha quindi preso una posizione, dimostrando come l’Italia possa essere molto importante nelle gerarchie europee.
Questa mossa ha inevitabilmente provocato la reazione dalla Turchia, la quale ha convocato l’ambasciatore italiano ad Ankara e poi chiesto di ritirare le dure parole rivolte al presidente.
Tuttavia è da considerare la frase completa pronunciata da Draghi quando parlava del presidente turco: “Con questi dittatori, di cui però si ha bisogno per collaborare, bisogna essere franchi per affermare la propria posizione ma anche pronti a cooperare per gli interessi del proprio Paese, bisogna trovare l’equilibrio giusto”.
La puntualizzazione fatta dal premier si riferisce alla persistente necessità di mantenere un rapporto di possibile trattazione tra l’Italia e la Turchia: sono fondamentali gli accordi di interscambio economico e commerciale tra le due.
Giulia Tirinnanzi
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