Arrivederci, stelle!
In effetti, pur aprendo bene gli occhi, sera dopo sera è sempre più raro scorgere i mille puntini luminosi. E non si tratta di un’improvvisa miopia di massa, bensì di contaminazione. Dunque, per rispondere a questa domanda è bene fare un passo indietro.
Siamo nel 1800 quando Alessandro Volta impila tra loro dischi di rame e zinco separati da un panno imbevuto di acqua e acido solforico. La tensione ottenuta permette, attraverso un cavo conduttore, il passaggio da un polo all’altro di elettroni. Ed ecco così creato il primo generatore continuo di corrente elettrica: la Pila di Volta.
Dopo essere stata presentata alla Royal Society a Londra, la scoperta si diffonde immediatamente ed è proprio collegando le pile voltaiche ad elettrodi di carbone di legna che Humphrey Davy produce la prima lampada elettrica al mondo.
Per quanto fosse un passo da gigante per la rivoluzione elettrica, le innovazioni non finiscono certo qua. Nel 1840, per esempio, Warren de la Rue sostituisce il filamento di rame con uno di platino. Otto anni dopo William Staite migliora la longevità delle lampade ad arco convenzionali sviluppando un meccanismo a orologeria. A causa dei prezzi elevati o dell'inefficacia entrambi i progetti falliscono. Solamente molti anni dopo la vera e propria lampadina si fa strada nell'industria e il merito non è che da attribuire alla cooperazione tra Joseph Swan e Thomas Edison.
Il resto della storia è noto. La Edison Electric Illuminating Company di New York costruisce la prima stazione di generazione elettrica che avrebbe alimentato, fino ad oggi, l'impianto elettrico e le nuove lampadine brevettate. Questa nuova forma di illuminazione si assicura così il suo posto nella storia
Eppure, tutta questa luce ha un lato oscuro: l’inquinamento luminoso.
L’inquinamento luminoso consiste nell’eccessiva illuminazione delle città e dei cieli notturni attraverso la luce artificiale. Esso è causato dall’abbondanza di fonti di illuminazioni che emettono luce al di fuori della direzione voluta.
Sebbene involontariamente, ciascuna delle sue forme comporta molteplici effetti dannosi verso la fauna, l’uomo e l’ambiente. Quest’ultimo infatti non offre più i cieli notturni di una volta, nei quali si riusciva persino a scorgere la Via Lattea.
Ne è testimone l’immenso blackout del 14 gennaio 1994 a Los Angeles. Questo insolito fenomeno fu innescato dal terremoto Northridge di magnitudo 6.7. La scossa maggiore durò 10-20 secondi, fortunatamente sufficienti a permettere ai residenti di uscire dalle proprie abitazioni. Ma qualcosa di ancora più insolito accadde nel bel mezzo della città. Alle 4.31 a.m il 911 ricevette centinaia di chiamate dalla segnalazione unanime: uno strano gas incandescente nel cielo. Tempi di fine? No. Stavano vedendo per la prima volta la nostra galassia. Questo è uno dei tanti momenti in cui sia la comunità scientifica che i cittadini iniziano a preoccuparsi delle spaventose conseguenze artificiali.
Ormai l’80% dei Paesi è industrializzato. La globalizzazione non si fermerà. Secondo l’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso pubblicato nel 2017, l’intera Europa e gli Stati Uniti sono quasi completamente avvolti dall’inquinamento luminoso. Il paese maggiormente colpito è però Singapore, seguito dagli Emirati Arabi, dalla Corea del Sud e Israele.
Il destino sembra essere scritto. Tuttavia si può ancora intervenire. L'International Dark-Sky Association (IDA), organizzazione no-profit con sede negli Stati Uniti, è uno dei promotori del cosiddetto movimento dei cieli bui. L'associazione promuove la riduzione dell'inquinamento luminoso suggerendo di spegnere le luci quando non sono necessarie e di utilizzare luci LED a luce bianca calda invece di quelle a luce bianca fredda. Inoltre, per migliorare l’illuminazione esterna ed evitando così l’abbagliamento, è essenziale la corretta schermatura delle luci, sempre rivolte verso il basso. L'IDA raccomanda anche di mantenere l'oscurità notturna in casa spegnendo i dispositivi elettronici un'ora prima di andare a letto e chiudendo le tende per mantenere l'esterno il più buio possibile. Tutto ciò non solo aiuta l’essere umano a riposare correttamente, ma anche a prevenire la morte di uccelli molto spesso in collisione con edifici illuminati e di tartarughe che, accecate dalla forte luce, non sono più in grado di distinguere il percorso da seguire verso l’oceano.
Una volta fatto ciò potremo ancora, come Dante, uscire e rivedere le stelle.
Viola Ciovati
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