Qualche mese fa si è riacceso un conflitto nel Caucaso, che ormai, perdura da decenni. Il Caucaso è una regione montuosa e multietnica circondata dalla Turchia, dalla Russia e dal mar Caspio. Il terreno inospitale, la pluralità di etnie e la locazione strategica sono stati i pretesti per lo scoppio di centinaia di conflitti armati nella regione.
Ma come mai un territorio così inospitale, con vette alte anche 5000 metri alimenta da sempre l’interesse, sia di piccole tribù, che di giganteschi imperi? E come si inserisce oggi nella contesa tra le potenze? Il Caucaso è un importantissimo ponte tra L’Asia e L’Europa, Ed è un crocevia delle principali tratte commerciali via terra. Inoltre,la presenza di importantissimi giacimenti di petrolio, gas naturale e la vicinanza al Golfo Persico lo rendono una vitale arteria energetica.
L’ultima istanza di queste rivalità si è scatenata il 19 settembre 2023, quando l’Azerbaijan ha attaccato a sorpresa il Nagorno-Karabakh, una regione a maggioranza armena presente nel suo territorio, ma controllata dallo stato armeno. La differenza culturale tra i due paesi è abissale, ed è da sempre sfruttata dalle élite politiche per alimentare un feroce nazionalismo etnico. Gli Azeri sono musulmani e di cultura turca, gli armeni sono cristiani ed indoeuropei. Nell’arco di circa tre decenni sono scoppiate quattro guerre tra i due contendenti, e spinti dall’odio etnico, ambo le parti hanno commesso indicibili crimini di guerra e pulizie etniche.
Il quadro si complica, se si inseriscono gli interessi delle grandi potenze nella regione, in particolare la Russia, che storicamente ha sempre supportato gli armeni, e la Turchia, vicina all’Azerbaijan per affinità politiche e culturali. La stabilità della regione era assicurata dal rigido controllo dell’URSS, essendo sia Armenia che Azerbaijan parte delle repubbliche sovietiche. Ma la dissoluzione del modello sovietico alla fine degli anni 80 ha lasciato nel Caucaso un vuoto di potere da colmare. Appena guadagnata l’indipendenza, i due stati sono subito entrati in guerra nel 91, quando L’Azerbaijan attaccò lo stato armeno per il controllo del Karabakh. Il conflitto si risolse con una schiacciante vittoria armena, prendendo il controllo di una buona fetta del territorio azero, ma la questione era ancora aperta.
Il conflitto eruttò di nuovo in altre due occasioni, una nel 2016, l’altra nel 2020. In entrambi i casi furono i russi a fare da mediatori, istituendo un cessate al fuoco e ratificando una serie di accordi sulla spartizione del territorio. Nonostante gli Azeri ebbero la meglio, avendo un forte supporto da parte della Turchia e riconquistando parte dei territori persi nella guerra degli anni 90, Il Karabakh rimaneva sotto il controllo armeno. La partita era ancora aperta.
Ma perché i Russi sono così ossessionati dalla stabilità nella regione? La ragione è perché la Turchia punta a creare un unico corridoio tra paesi turchi, che collegherebbe Ankara all’Azerbaijan.Proseguendo oltre il mar Caspio, i paesi dell’Asia centrale, quasi tutti di cultura turca. Se questo accadesse, la Turchia avrebbe un controllo totale sui traffici via terra che collegano la Cina all’Europa. Quello che impedisce la realizzazione di questo sogno turco, è proprio l’Armenia, che interrompe il corridoio. Per questo motivo l’Azerbaijan e la Turchia schiacciano l’Armenia, ma la Russia non può permettersi la scomparsa dello stato armeno.
Allora come mai i Russi non hanno mediato nel nuovo conflitto che si è aperto nell’autunno di quest’anno? Uno dei motivi risiede nel recente allineamento degli Armeni con gli USA, ma il motivo principale risiede alle porte dell’Europa: I russi sono impegnati nella guerra in Ucraina, un lento conflitto di logoramento che oltre ad impegnare enormemente la Russia, si sta rivelando una catastrofe geopolitica immane. Di conseguenza, l’indebolimento della Russia ha assicurato agli Azeri un’occasione per prendere definitivamente il controllo del Karabakh, con conseguenze disastrose per la popolazione armena.
Ad oggi, più di 100.000 armeni hanno abbandonato le loro case per fuggire in Armenia, circa l’80% della popolazione. Un vero e proprio genocidio. Ma come mai le grandi potenze occidentali, in particolare quelle europee sembrano curarsi così poco di questa catastrofe umanitaria? La ragione sta nei gasdotti. Prima dello scoppio della crisi ucraina, il principale partner energetico dell’Europa era la Russia, ma il rapido deterioramento dei rapporti con Mosca, ha costretto gli Europei a trovare nuovi fornitori. Uno dei principali partner è proprio l’Azerbaijan.
L’Europa ha già preso posizione nel conflitto, stretta dalla dura battaglia per l’indipendenza energetica dal gas russo, e da un lungo processo per consolidare il proprio potere federale, ma nel mentre il destino degli Armeni e del Nagorno-Karabakh rimane incerto, soffocato dal pesante silenzio della comunità internazionale.
Giuseppe Greco
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