Da dove arriva la nostra energia?
L’energia elettrica, ormai, si è legata indissolubilmente alla vita di ognuno di noi, pervadendo gran parte della nostra quotidianità. Ma da dove arriva tutta questa energia?
Nell’articolo di oggi cerchiamo di fare il punto sul mix energetico italiano, oltre che darvi qualche dritta (non troppo tecnica, promesso) per comprenderlo al meglio. A proposito, come Politics Hub stiamo preparando una cosa che scoprirete a breve (alla fine del capitolo trovate un piccolo spoiler).
Anche se non è immediatamente visibile a noi consumatori finali, il mix energetico italiano è molto variegato, anche se poco equilibrato in termini di emissioni. Il consumo che utilizza fonti low-carbon, infatti, ha costituito solo il 19,3% del totale nel 2023, in cui dominano le fonti ad alte emissioni. L’Unione Europea, in media, ha un bilancio energetico più pulito: l’energia consumata derivante da fonti low-carbon costituisce il 31,8% del consumo totale (Statistical Review of World Energy 2024).
Più in particolare, l’Italia è ancora fortemente dipendente dal petrolio (in azzurro nel grafico sottostante), il cui peso nel consumo energetico nazionale (41,6% nel 2023) rimane pressoché stabile dal 2014, dopo un netto calo rispetto agli anni ‘70. Anche il peso del carbone è diminuito molto, e attualmente ha un ruolo piuttosto marginale nel consumo energetico italiano. L’altra grande fonte energetica ad alte emissioni, il gas, ha generato il 35,5% dell’energia consumata nel 2023. Come osservabile dal grafico, diversamente dal petrolio, il ruolo del gas all’interno dei consumi italiani è gradualmente cresciuto, nel corso dei decenni.
Un ruolo più marginale è ricoperto dalle fonti rinnovabili. Nel 2023, il 6,1% dei consumi italiani provenivano dall’idroelettrico, il 4,9% dal solare e il 3,7% dall’eolico.

Energia o elettricità?
Quando si parla di energia, è importante fare almeno due precisazioni. In primo luogo, energia ed elettricità sono concetti ben distinti. L’elettricità è solo una forma di energia, mentre quest’ultima si può propagare in tanti altri modi, come il calore (in questo caso, si parla di energia termica). Ogni fonte, dunque, può generare (direttamente o indirettamente) vari tipi di energia. A seconda della forma di energia che si vuole ottenere, una fonte è più o meno adatta rispetto alle altre, anche a seconda delle tecnologie a disposizione. Il grafico sottostante, riferito al contesto italiano, descrive il peso di ciascuna fonte energetica nella produzione di elettricità. Come si può osservare, nella fabbricazione di energia elettrica il petrolio ha un ruolo marginale, essendo necessario soltanto per la produzione di carburante per i veicoli e in alcuni settori industriali. Il gas continua a dominare: nel 2023 ha generato il 45,1% dell’elettricità prodotta in Italia. Le energie rinnovabili, in questo caso, non hanno di certo un ruolo marginale: nel 2023 l’idroelettrico, il solare e l’eolico hanno prodotto rispettivamente il 14,5%, l’11,8% e il 9% dell’elettricità totale (il 35,3% se sommati). Si noti, per rigore analitico, che il grafico precedente si riferisce alle fonti dell’energia consumata in Italia, mentre quello sottostante illustra l’origine dell’elettricità prodotta in Italia, per cui non sono comparabili senza considerare import ed export di energia da e verso altri paesi.

Una fonte vale l’altra?
Ora che abbiamo chiarito la distinzione tra energia ed elettricità, la seconda precisazione da fare riguarda il modo in cui quest’ultima viene prodotta e fornita al consumatore. Per farlo occorre, però, fare un po’ di chiarezza su come si misuri questa forma di energia. Le cifre che abbiamo visto finora riguardano la quantità di energia elettrica prodotta in un dato anno, esprimibile in Wh (Wattora). Concetto molto diverso è quello di potenza, esprimibile in W (Watt), che in parole semplici (ci perdoneranno gli ingegneri) misura il “ritmo” a cui è possibile produrre elettricità. La quantità di elettricità che una centrale (di qualsiasi tipo) è in grado di produrre in un anno è quindi data dal prodotto tra la sua potenza (espressa in Watt) e il numero di ore in un anno, e sarà espressa in Wattora.
Questo ci è particolarmente utile per comprendere il rapporto tra la capacità installata (ossia la potenza) di una qualsiasi forma di energia e i Watt-ora prodotti da quest’ultima in un anno. Prendendo come esempio l’eolico, al 31.12.2023 la potenza installata in Italia era uguale a 12,3 GW (Fonte: Terna Statistic Office). Con il calcolo di prima, data la potenza installata in Italia, ci aspetteremmo che durante l’anno l’eolico abbia prodotto all’incirca 107,8 TWh (107748 GWh). Il grafico sottostante, tuttavia, mostra qualcosa di ben diverso: nel 2023 l’eolico italiano (rappresentato in blu scuro) è stato ben lontano da quella cifra, generando solo 23,5 TWh.

Il motivo non risiede in un errore di calcolo, ma in una caratteristica intrinseca di questa fonte rinnovabile condivisa anche dal solare. Si tratta di fonti “intermittenti”, la cui produzione di elettricità dipende da fattori non controllabili (in questo caso, la quantità di vento e di raggi solari). Queste variabili riducono considerevolmente la quantità di ore in cui queste fonti sfruttano il massimo della propria potenza, con analoghe conseguenze sulla produzione di energia elettrica. Fonti come le centrali a gas, a carbone e i reattori nucleari, al contrario, sono stabili, in quanto non sono soggette a variabili al di fuori del controllo umano. I limiti, in questo caso, riguardano principalmente le tecnologie utilizzate, che impediscono a queste strutture di utilizzare il massimo della propria potenza in ogni unità di tempo, ma con un'efficienza leggermente minore al 100% (comunque di molto superiori, però, rispetto a quelle delle rinnovabili).
Qual è il prezzo dell’intermittenza?
Data questa dinamica, l’installazione di sempre maggiori quantità di impianti rinnovabili offre un contributo solo limitato alla produzione stabile di energia elettrica. Se immaginassimo, per assurdo, di convertire il suolo italiano ad un sistema basato unicamente su eolico e solare, si toccherebbero picchi molto alti di elettricità prodotta durante le ore di sole e di vento, mentre non ci sarebbe energia nelle ore senza vento e sole, a prescindere dalla capacità installata. L’installazione di impianti intermittenti, dunque, risulta non perseguibile in assenza dei sistemi di accumulo (basati, per esempio, su batterie) in grado di immagazzinare l’energia in eccesso durante i picchi per utilizzarla in un secondo momento.
Questi sistemi, tuttavia, richiedono una significativa quantità di risorse e di spazi, risultando anche molto onerosi. Per questo motivo, almeno per ora, c’è la necessità di fonti di energia stabile e controllabile da accostare alle intermittenti, cercando di sfruttare queste ultime nei momenti di picco e le prime per il resto del tempo. Questo bisogno, tuttavia, non ci costringe ad utilizzare come fonti principali gas e carbone, fortemente impattanti a livello climatico. In assenza di contesti geografici favorevoli agli impianti idroelettrici (come quelli della Norvegia, che soddisfa la quasi totalità del proprio fabbisogno tramite questa fonte in modo stabile), è possibile ricorrere all’energia nucleare per ridurre drasticamente l’impiego di gas e carbone. Un esempio virtuoso, in questo senso, è rappresentato dalla Francia. Se comparata all’Italia (sorvolando sulle differenze in termini di valori assoluti), quello che spicca riguarda proprio l’utilizzo delle fonti stabili. Se in Italia il 56,3% dell’elettricità è prodotta da gas, petrolio e carbone, in Francia queste stesse fonti producono solo l’8,4% dell’elettricità totale, sostituite dal nucleare che, da solo, fornisce ai francesi il 65,3% dell’elettricità prodotta, con emissioni per unità di energia prodotta molto minori (IPCC 2014, p. 541).


Allargando l'analisi relativa al mix energetico all'intera Unione Europea, come possiamo osservare dal grafico sottostante, anche in questo caso, rispetto all’Italia, gas, petrolio e carbone hanno un peso minore (39,2%) all’interno del bilancio, parzialmente sostituiti dal nucleare che fornisce il 21,9% dell’elettricità dell’Unione Europea.

Conclusioni (e un piccolo spoiler)
Questo articolo ha voluto fare il punto della situazione energetica italiana, seppur in modo sommario, cercando di fare un po’ di chiarezza sulla natura delle varie fonti energetiche e sulla misurazione del loro impatto. Conoscere le differenze tra di esse è una precondizione necessaria ad un corretto bilanciamento del mix energetico di qualsiasi paese, che deve tenere conto della stabilità, dell’impatto climatico e della sicurezza di ciascuna fonte, oltre che dei costi economici annessi.
E adesso lo spoiler di cui vi parlavamo: il nostro prossimo evento vi porterà a conoscere ancor più da vicino il mondo dell’energia, nucleare compreso! Per ora non possiamo dirvi altro, ma restate connessi per saperne di più!
Marco Centomo
Fonti: