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Le nomine di Trump: volti noti, polemiche e strategie politiche

Il nuovo team dell’amministrazione annunciato da Donald Trump ha provocato diverse reazioni sia negli USA che all’estero. Alcuni personaggi di alto profilo, come il Segretario di Stato o il Procuratore Generale, sono legati a posizioni ideologiche forti, decisioni passate controverse o dichiarazioni polarizzanti. Ha stupito anche la presenza di outsiders, figure inaspettate provenienti da contesti non tradizionali per il loro ruolo e legati direttamente alla cerchia personale di Trump, come ad esempio Elon Musk e altri imprenditori senza esperienza politica. Altri membri, pur meno controversi, rivestiranno un ruolo cruciale per Trump nell'implementazione di politiche specifiche che influenzeranno direttamente i cittadini in materia di economia, salute e infrastrutture.


Robert Kennedy Jr.

Robert Kennedy Jr., figlio di Bob Kennedy e nipote di John F. Kennedy, porta un cognome legato storicamente al Partito Democratico, per cui si candidò alle primarie nel 2024. Dopo aver perso contro Joe Biden, scelse di correre come indipendente, ma si ritirò poco prima delle elezioni, sostenendo Donald Trump. Questo endorsement gli ha assicurato la guida del controverso Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani.

Nato a Washington nel 1954, Kennedy è stato segnato dalla tragica perdita del padre e dello zio. Negli anni ’80 ha affrontato una dipendenza dall’eroina, culminata in un arresto per possesso di droga. Successivamente, ha intrapreso una carriera come avvocato ambientalista per il Natural Resources Defense Council e autore di libri progressisti su ambiente e diritti civili.

Tuttavia, Kennedy è noto per le sue posizioni controverse sui vaccini, sostenendo che abbiano effetti dannosi sui bambini. Nel 2016 è diventato presidente della Children’s Health Defense, nota soprattutto per l’opposizione alla vaccinazione. Durante la pandemia di COVID-19, ha attirato consensi tra gli scettici dei vaccini e i contrari ai lockdown, accusando il governo e le aziende farmaceutiche di limitare libertà personali e trarre profitto dalla crisi.

Le sue recenti dichiarazioni, che includono l'opposizione all'aborto dopo il primo trimestre e teorie prive di fondamento scientifico, hanno suscitato un acceso dibattito riguardo alla sua nomina. Le sue posizioni conservatrici e complottiste hanno sollevato polemiche in un Paese dove l’accesso alla sanità rimane un tema cruciale. Oggi, Kennedy rappresenta una figura controversa nella nuova amministrazione Trump, capace di attrarre sia critiche che consensi polarizzati.


Tulsi Gabbard

Tulsi Gabbard rappresenta una scelta controversa per l'Amministrazione Trump nel ruolo di Direttrice dell'Intelligence Nazionale, una carica che le conferisce la responsabilità di coordinare le 18 agenzie federali e di accedere alle informazioni più riservate degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Ex militare con esperienza in Iraq e Kuwait, ha già ricoperto ruoli in comitati congressuali legati alla sicurezza nazionale. Tuttavia, le sue posizioni riguardo ai conflitti odierni in Ucraina e Siria hanno destato preoccupazioni. In primo luogo, Gabbard ha sempre promosso il dialogo con il regime siriano: nel 2017, mentre era Rappresentante per le Hawaii, ha incontrato Bashar Al-Assad, suscitando polemiche per la mancanza di trasparenza sui fondi utilizzati per il viaggio. Invece, per quanto riguarda il conflitto in Europa orientale, Gabbard suggerisce di interrompere gli aiuti militari all'Ucraina, sostenendo la necessità di un accordo raggiunto attraverso negoziati.

La sua nomina ha suscitato critiche da parte di esperti di sicurezza, i quali temono per la fiducia degli alleati negli accordi di condivisione delle informazioni, come quello dei "Cinque Occhi", e da parte di repubblicani a causa del suo passato nel Partito Democratico.  Tuttavia, Gabbard rappresenta un caposaldo del movimento MAGA, avendo espresso posizioni non ortodosse sull’apparato securitario, considerato il fulcro del cosiddetto "deep state", spesso criticato da Trump.

La sua partecipazione a podcast come quello di Joe Rogan e programmi su Fox News ha rafforzato il legame con la nuova base elettorale di Trump, ma la sua conferma al Senato è tutt’altro che certa. Politicamente, la sfida sarà bilanciare le istanze del movimento MAGA con quelle dei veterani repubblicani, soprattutto sui temi di sicurezza nazionale, in un momento cruciale per gli equilibri geopolitici.


Susan Wiles

Susan Wiles, originaria del New Jersey, è stata una figura centrale nella rielezione di Donald Trump. La sua carriera politica recente si è sviluppata principalmente in Florida, dove ha gestito la campagna elettorale di Trump nel 2016 e successivamente ha aiutato Ron DeSantis a diventare governatore nel 2018. Tuttavia, Wiles si è distanziata da DeSantis, definendolo "l’errore più grande della sua carriera", e si è schierata apertamente con Trump, che ha apprezzato la sua lealtà nominandola CEO del Save America PAC, il comitato incaricato di raccogliere fondi per la campagna presidenziale.

Grazie alla sua abilità nell’organizzare campagne elettorali e raccogliere fondi, Wiles è stata riconosciuta come una delle migliori consiglieri politiche di Trump. La vittoria elettorale le ha garantito un posto di rilievo nella nuova amministrazione: è diventata la prima donna Capo di Gabinetto nella storia americana. Conosciuta come la “dama di ghiaccio” per la sua riservatezza e discrezione, Wiles opera dietro le quinte, evitando scandali e dibattiti pubblici, concentrandosi sulla gestione rigorosa della Casa Bianca.

La sua principale sfida sarà bilanciare la fedeltà a Trump con la necessità di guidare un’amministrazione efficace, scegliendo le priorità politiche del Presidente e gestendo il lavoro dell’esecutivo. La sua esperienza come lobbista di alto livello la rende interprete degli interessi economici che sostengono Trump; tuttavia, la sua posizione è tutt'altro che stabile, considerando che Trump ha sostituito tre Capi di Gabinetto nel suo precedente mandato. Se Wiles riuscirà a mantenere il suo incarico, la nuova amministrazione potrebbe risultare più efficace e determinata, non solo nella retorica politica ma anche nell’attività legislativa.


Stephen Miller

Figura centrale nell’amministrazione Trump dal 2017 al 2021, Stephen Miller è stato richiamato per ricoprire il ruolo di vice capo dello staff nella nuova squadra di governo. Miller è noto per la sua visione ultraconservatrice e per essere l’architetto di molte delle politiche di immigrazione più controverse del primo mandato di Trump, come il cosiddetto “Muslim Ban” e le restrizioni al diritto di asilo. La sua nomina conferma la volontà dell’amministrazione di mantenere una linea dura su questioni come sicurezza nazionale e immigrazione.

Come vice capo dello staff, si prevede che Miller giochi un ruolo fondamentale nel plasmare l’agenda politica e nell'assicurare che essa venga implementata con rigore. Tra le priorità principali figurano la costruzione del muro al confine con il Messico e l’espulsione dei migranti irregolari, promesse centrali della campagna elettorale di Trump.

Miller è anche noto per il suo approccio conflittuale verso i media e gli avversari politici, caratteristiche che potrebbero intensificare le già tese relazioni tra la Casa Bianca e il Congresso. Gli oppositori della sua nomina sottolineano il rischio di una radicalizzazione delle politiche interne e della retorica governativa, che potrebbe esacerbare le divisioni sociali.


Elise Stefanik

La nomina di Rappresentante permanente degli Stati Uniti d'America alle Nazioni Unite per la seconda amministrazione Trump è ricaduta su Elise Stefanik, deputata repubblicana dello stato di New York. Forte difensore delle politiche trumpiane, Stefanik sembra determinata a riformare il ruolo degli USA nell’organizzazione internazionale. Il suo incarico sarà cruciale per ridisegnare i rapporti tra gli Stati Uniti e il sistema ONU, che spesso è stato criticato dalla destra americana per la percepita influenza di agende “globaliste” e la presunta mancanza di trasparenza.

Stefanik ha costruito la sua carriera politica su una base di ferme convinzioni conservatrici. Durante la presidenza Trump, ha acquisito notorietà difendendo vigorosamente l’ex presidente nel contesto del primo impeachment e consolidando il suo status di alleata strategica. 

La sua visione critica delle Nazioni Unite emerge chiaramente nelle dichiarazioni passate, dove ha definito l’organizzazione inefficiente e l’ha accusata di antisemitismo a seguito dello scoppio della guerra a Gaza.

La scelta di Trump di conferire a Elise Stefanik questo ruolo sembra mirata a ottenere una maggiore influenza statunitense nelle decisioni globali, con un focus sulle sfide geopolitiche in corso, come il conflitto in Ucraina e le tensioni con la Cina. Tuttavia, la nomina ha attirato critiche da parte di alcuni esperti internazionali, che temono una politicizzazione eccessiva del ruolo e il rischio di alienare alleati tradizionali.


Giacomo Arosio e Jacopo Tamino

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