Quanto accaduto nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) lombarde e in generale di tutta la Penisola nel periodo dell’emergenza Covid è sicuramente degno di un’attenta trattazione. I dati dei mesi da marzo a fine aprile sono preoccupanti e lasciano intendere come il virus abbia in così poco tempo cancellato una parte della generazione grazie alla quale esistiamo.
Circa il 50% dei decessi per Covid-19 è avvenuto nelle Residenze sanitarie assistenziali. E questo dato riguarda la maggioranza dei Paesi europei. Per l’OMS, infatti, in Europa fino alla metà delle morti per Covid-19 è avvenuta nelle residenze di assistenza per anziani o a lungo termine. Per avere un’idea su alcune realtà, basta dire che i morti nelle Rsa e nei centri diurni per anziani nella sola provincia di Bergamo ammontavano a 600 solo nella prima settimana di aprile 2020 (dati provenienti dalla FNOMCeO). E in una casa di riposo a Mediglia, in provincia di Milano, su un totale di 150 ospiti sono stati 63 i deceduti.
Le implicazioni di tale problematica sono state visibilmente più evidenti in Lombardia - la regione italiana più colpita - dove molteplici sono state le accuse e le critiche mosse alla Regione per non aver tutelato la salute di pazienti e operatori. In particolare, soprattutto nelle prime settimane dell’emergenza, nelle Rsa lombarde difficilmente vi era un’adeguata disponibilità di tamponi e dispositivi di protezione.
E conseguentemente a tutto ciò sono state inevitabili le inchieste e le polemiche politiche. A Milano, in particolare, ingenti sono stati gli esposti e anche i procedimenti giudiziari; su tutti, emblematica è stata l’inchiesta del Pio Albergo Trivulzio. L'indagine sorta a fine aprile su questa casa di cura ha ipotizzato i reati di omicidio colposo ed epidemia colposa in relazione a presunte lacune nei protocolli di sicurezza e prevenzione del contagio. Da inizio marzo a poco prima di Pasqua sono stati 200 i deceduti in questa casa di riposo (e molti con sintomi da coronavirus). La Procura di Milano ha ascoltato alcuni operatori e infermieri di questa struttura. «Ci minacciavano se usavamo le mascherine, non dovevamo spaventare i pazienti» - sono state le loro parole.
Tuttavia, a seguito della fine della vera e propria emergenza sanitaria, dopo la prima settimana di giugno la Lombardia ha riaperto le Rsa con una delibera firmata dalla Giunta Fontana. Da ora le strutture che ospitano anziani, disabili e quelle di neuropsichiatria e di sostegno alle dipendenze potranno riprendere la loro attività, ma con degli accorgimenti. Fra questi, test sierologici e tamponi tassativi per tutti i nuovi accessi.
Kommentare