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IRAN E LIBIA: SCENARI IN CONTINUA EVOLUZIONE

Aggiornamento: 2 apr 2023

In dialogo con Mario Mauro

 
"La storia si riproduce perchè la geografia è sempre uguale".
"Più possiamo dare un reale contributo alla pace nel mondo più possiamo farne parte".
 

Mario Mauro è stato Parlamentare europeo per Forza Italia e il Popolo della Libertà (1999-2013), Ministro della difesa del governo Letta (2013-2014) e senatore per il gruppo parlamentare Per l’Italia.


A seguito dell’escalation della tensione tra Stati Uniti e Iran, culminata il 3 gennaio scorso con l’uccisione, su ordine di Trump, del capo delle milizie iraniane Soleimani, abbiamo invitato un esperto di politica estera per capire di più non solo le dinamiche celate dietro i conflitti in Medioriente, ma anche la loro incidenza sulla definizione degli equilibri internazionali odierni e la loro rilevanza per la realtà socio-economica italiana ed europea.

 

Una foto paradigma degli equilibri internazionali

L’immagine ritrae tre uomini in una casa mediorientale di basso rango. A destra Erdogan, leader di una Turchia che detiene oggi il secondo esercito della Nato, con un organico maggiore di quelli di tutte le potenze nucleari europee messi insieme, e che, dopo anni di alleanza con l’Occidente per arginare lo strapotere sovietico, ha rinunciato da tempo ad avvicinarsi all’Europa, per intraprendere piuttosto una strategia neo-ottomana; a sinistra Gannouchi, capo di un partito che, come quello di Erdogan, fa riferimento alla Fratellanza musulmana e che, con la Primavera Araba, è diventato il maggior partito della Tunisia; al centro, a mo’ di pater familias, Hekmatyar, detentore di uno dei maggiori mujahidin afghani, noto come “macellaio di Kabul” da quando, alla fine della dominanza sovietica sul suo paese, per diversi mesi bombardò sistematicamente la capitale fino a imporsi come capo.

I tre personaggi sono leader di paesi che, come gli altri stati islamici, si sono sempre fatti guerra fra loro, determinando rapporti di forza che ancora oggi caratterizzano lo scenario mondiale.

Nascita della Repubblica Islamista Iraniana

La tensione tra USA e Iran risale alla fine degli anni ’70, quando, con la rivoluzione islamista guidata dall’ayatollah Khomeyni, l’Iran diventa la prima Repubblica islamica sciita: questo momento dà inizio non solo alla leadership iraniana nella lotta dei paesi nordafricani contro Israele, volta ad annichilire il paese per sfruttarne le enormi ricchezze territoriali, ma definisce anche una profonda rottura con gli Stati Uniti, culminata quando gli iraniani rapiscono esponenti dell’ambasciata americana e le spedizioni USA per liberarli falliscono miseramente per il maltempo.

USA, Cina, Europa

Rispetto a uno scenario post-Seconda Guerra mondiale che vede contrapposti due giganti, USA e URSS, coi rispettivi alleati, la situazione oggi è estremamente complessa. Da un lato, la Cina è diventata una grande minaccia economica, demografica e militare per gli USA stessi, dall’altro la certezza della rete di alleanze che rendeva strutturale il dominio americano è andata in crisi.

L’Europa non può più essere considerata un valido player globale, essendo caratterizzata da questi tre numeri: rappresenta il 7% della popolazione mondiale, produce il 23% del PIL mondiale e distribuisce il 75% del welfare del mondo, il che implica che le risorse non siano investite in strategie militari o diplomatiche. Gli USA cercano, quindi, alleati alternativi: Arabia Saudita, Turchia, Israele, Egitto.

Guerra civile siriana

I rapporti di forza tra i vari Stati emergono nel 2011 nell’area ricca di giacimenti petroliferi di Iraq e Siria, teatro di quella che il Papa definisce come possibile casus belli di una “terza guerra mondiale a pezzi”, la guerra civile siriana. Diverse organizzazioni terroristiche rivelano, infatti, i propri piani su questi territori, attirando non solo innumerevoli militanti con la loro propaganda ideologica, ‘che vede l’uomo come nulla e il potere come tutto’, ma anche finanziamenti da parte di tutti quei paesi interessati ad ampliare la propria egemonia. Così, se inizialmente gli attori principali sono Iran e Arabia Saudita, si aggiungono poi gli altri stati mediorientali, gli USA, diversi stati europei come la Gran Bretagna e due grandi potenze emergenti: la Russia di Putin, ora avversaria ora alleata degli USA, e la Turchia di Erdogan che, da alleato storico del governo siriano di Assad, improvvisamente se ne distacca, facendo in modo di generare un malcontento internazionale verso il leader saudita.

Che riflesso ha l’uccisione di un comandante iraniano sul nostro Paese?

Gli Stati Uniti, nell’annosa contrapposizione tra Iran e Arabia, si schierano a favore dei Sauditi, storici alleati. L’uccisione di Soleimani non è che il culmine ultimo della tensione tra USA e Iran.

Appoggiando l’Arabia, tuttavia, vanno a ostacolare gli interessi della Turchia, a cui in compenso danno il via libera nell’operazione in Libia: Erdogan, interessato ai giacimenti petroliferi del tratto di mare che da Cipro va verso Israele e Libia, a dicembre scorso fa un accordo con il governo libanese di al-Sarraj per il controllo delle acque intorno al sud-est europeo, con cui si stabilisce l’estensione delle acque territoriali turche fino a Cipro. Ma questi territori appartengono all’egemonia europea: tra tutti gli alleati americani ad essere sacrificata è proprio l’Europa, e questo episodio altera irreversibilmente i suoi equilibri, compromettendo anche il grado di libertà della potenza italiana.

Il destino dell’Europa è dunque quello di mera spettatrice degli eventi?

I paesi in conflitto cercano sempre una forza di interposizione, qualcuno che si assuma la responsabilità del destino degli eventi. La politica statunitense ha sempre rappresentato questo intermediario, poiché, per quanto orientata a imporre la propria legge, è anche quella di cui la storia ha gravato di una responsabilità maggiore. Ma questa responsabilità ce l’abbiamo anche noi, anzi: più l’Europa è intraprendente nell’esercitare questa responsabilità, più si evita la pax americana, condizione di pace che, per troppo imperio, sfiora la natura di una dittatura non detta. Questa logica di interposizione deve però rispettare una logica di forza, che consenta una collaborazione economica e un asse politico: solo così è possibile diventare perno di un’alleanza e giocare un ruolo negli equilibri mondiali.

 

Mario Mauro ha alle spalle 204 missioni di guerra. La sensazione che gli è rimasta - conclude - è descritta da Manzoni in un passo dei Promessi Sposi: “esistono la storia dei potenti e la storia degli umili”, l’unico modo perché la storia dei potenti abbia una prospettiva di sviluppo per il bene comune è che sia rispettosa della storia degli umili.

In Siria 12 milioni di persone hanno perso la casa, 700.000 sono morte. “Ogni guerra, d’altronde, se approcciata dal lato della deriva umanitaria, rivela un volto per cui tutti sembrano criminali, se approcciata con la logica cinica della ragion di stato svela una natura delle cose in cui contano solo la carta geografica e la forza militare.

Ma se la linea di condotta per entrare nel merito della realtà e dare senso al contenuto dell’esperienza politica è l’approccio all’umanità integrale e al problema della persona, allora le questioni cambiano e gli uomini acquistano un nome e un volto e sono capaci di segnare il nostro destino per il futuro”.

Noemi



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