L’esergo di questo articolo non è, come si usa fare solitamente, una celebre citazione o una frase semanticamente pregnante e un po' misteriosa, ma un fatto: l’uccisione dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci.
Luca Attanasio era ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo, il 22 febbraio è rimasto vittima, insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci, di un fallito tentativo di rapimento, poi conclusosi in tragedia con la morte dei due, nonché dell’autista Mustapha Milambo. Attanasio, che si è impegnato in numerosi progetti umanitari, è stato insignito, insieme alla moglie Zakia Seddiki, del Premio Internazionale Nassiriya per la Pace 2020 e per l’occasione disse: “Quella dell’ambasciatore è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l’esempio. […] In Congo parole come pace, salute, istruzione, sono un privilegio per pochissimi, e oggi la Repubblica Democratica del Congo è assetata di Pace, dopo tre guerre durate un ventennio”. Queste parole sono fortemente rappresentative dell’animo dell’ambasciatore e dei suoi progetti, è sicuramente un grande dolore e un enorme spreco, non solo per l’Italia e gli italiani, ma per tutto il mondo, aver perso un paladino per la pace di così grandi ambizioni e prospettive.
Come accennato nelle prime righe, la morte dell’ambasciatore funge da esergo per portarci a riflettere su temi più ampi che, presi insieme, formano un grande nodo gordiano, la cui soluzione – se esiste – è decisamente controversa.
Esportare la democrazia?
Ci si potrebbe chiedere: la democrazia è un sistema politico che funziona? Un Europeo medio risponderebbe, molto probabilmente, di sì, nonostante ci siano dei difetti, resta il fatto che un periodo di pace così lungo e duraturo non si è mai verificato. L’essere umano, solitamente, quando fa esperienze di bellezza, soprattutto a livello sociale, ha il desiderio di condividerle con gli altri e questo è ciò dovrebbe essere lo spirito sotteso all’“esportazione” della democrazia. Tuttavia, questa piccola e apparentemente innocua formula nasconde, nel piano fattuale, la sua antitesi: imporre il proprio sistema sociale e culturale con l’utilizzo della violenza, delle armi e della violazione dei diritti umani. Come fuggire da tale rischio? Da una parte, inviare senza nessuna protezione ambasciatori e missionari è molto pericoloso e probabilmente poco efficace, nonostante ciò possa sembrare virtuoso e democraticamente puro; dall’altra, un utilizzo massiccio della violenza e di ingerenze militari solleverebbe perplessità in quanto rappresenterebbe un tradimento all’ideale democratico stesso. Là dove per “ideale democratico” possiamo intendere, servendoci della definizione dell'enciclopedia Treccani, la dottrina stessa, come concezione politico-sociale e come ideale etico, che si fonda sul principio della sovranità popolare, sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini. Tra le due opzioni, fortemente polarizzate, vi è una possibile posizione intermedia che potrebbe essere quella vincente: appoggiare le opere di matrice umanitaria e rappresentanti istituzionali con presidi militari volti alla sola difesa. Ma è strettamente necessario affiancare azioni militari alle missioni umanitarie per l’esportazione della democrazia? Come già detto, il limes tra un’effettiva opera democratica e umanitaria e, invece, un impiego violento e invasivo della forza bellica, è purtroppo molto sottile.
Ritirare tutti gli ambasciatori?
Un ritiro di massa degli ambasciatori che si trovano in paesi pericolosi è la soluzione? A noi di Politics Hub non sembra un’alternativa valida. In primis, potrebbe sembrare un segno di sconfitta della democrazia stessa, ma non è questo in realtà il punto. E allora qual è? Per capirlo, potremmo iniziare ponendoci due interrogativi: quale senso ha l’attività degli ambasciatori? E da dove deriva la violenza?
Soffermandoci sulla seconda domanda, potremmo replicare che la violenza si genera dalla struttura politico-sociale di un certo ambiente che si traduce in una propensione psicologica violenta. Ma il punto più interessante da analizzare è quello che riguarda i mezzi con cui tale violenza sussiste e si propaga, quindi le armi. Una grande aporia italiana è appunto questa: la produzione e la conseguente esportazione di materiale bellico. Su questo riporto nella sitografia alcune fonti interessanti per l’approfondimento, ricordando che gran parte delle entrate della Repubblica Italiana è costituita dall’esportazione di armi, non a caso la Beretta italiana è celebre in tutto il panorama internazionale.
Il senso qual è?
Alla luce di quanto esposto, è lecito chiedersi quanto siano pertinenti i nostri interventi nei paesi esteri e con quale programma e obiettivo li mettiamo in atto, ad esempio è una questione di tornaconto individuale oppure un genuino desiderio di rendersi utili? Il caso di Attanasio è sicuramente un grande esempio di un sacro altruismo e un sano interesse per aiutare a diffondere la pace e l’uguaglianza, per il quale ha messo a repentaglio tutto, compresa la propria vita. Tuttavia, rimane manifesta l’aporia italiana: da una parte una grandissima propensione all’umanitarismo, per il quale la tradizione cristiano cattolica ha sicuramente svolto un ruolo cruciale, dall’altra, però, una grande industria bellica che, con ogni probabilità, non incentiva il dialogo e la democrazia, ma continua a rendere vivo l’utilizzo di mezzi coercitivi. È per questa dicotomia che queste situazioni non possono non interessare il nostro paese. Innanzitutto, chiediamoci se i nostri ambasciatori siano adeguatamente protetti e, in secondo luogo, risulta necessario essere coerenti e avere il coraggio di prendere una posizione: o esportiamo la democrazia in modo genuino e senza ricorso alla violenza, oppure, vestiamoci di apparenze continuando a produrre, e quindi incentivare, mezzi volti alla violenza. Questo, però, non è solo un problema italiano, ma globale.
Sitografia
- L’esportazione delle armi italiane, perché è illegale (IL POST): https://www.ilpost.it/2019/06/09/armi-italia-esportazioni/
- Come l’Italia gabba la 185 (IL POST): https://www.ilpost.it/2018/12/24/italia-vende-armi-arabia-saudita/
- Export delle armi italiane, Gabanelli (CORRIERE) https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/export-armi-turchia-dove-perche-violiamo-leggi-italiane-dell-onu/57dbf612-ef70-11e9-9951-ede310167127-va.shtml
- Storia delle armi all’estero (REPUBBLICA): https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2020/07/09/news/armi-261423378/
- Abbiamo meno ordini, ma solo perché siamo pieni (OSSERVATORIO DIRITTI) https://www.osservatoriodiritti.it/2019/05/15/export-armi-italia-vendita-nel-mondo-paesi/
Pietro Carù
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