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DPCM illegittimi? Una rondine non fa primavera ma una sentenza non fa giurisprudenza

DPCM illegittimi come esito di un Governo che ha lavorato con il favore delle tenebre: un titolo del genere sicuramente farebbe notizia eppure non sarebbe totalmente corretto, allora obiettivo di questo articolo è proprio quello di far chiarezza su questo tema, oggi così scottante. Negli ultimi giorni sono stati pubblicati diversi scritti di cronaca che parlavano di una sentenza “rivoluzionaria” del Giudice del Tribunale di Reggio Emilia, Dario De Luca, con la quale sono stati assolti due soggetti accusati di reato di falso ideologico (ex art 483 c.p.), per aver fornito informazioni false nell'autocertificazione consegnata ai Carabinieri in sede di controllo. Da ciò possono sorgere diversi dubbi, tra cui, forse, quello più frequente e più importante da chiarire è: “allora sono autorizzato ad uscire senza autocertificazione?” La risposta a questo quesito è no, ma vediamo insieme il perché analizzando la vicenda.


Cos'è accaduto?

Al centro dell'evento succitato vi è l'autodichiarazione di due coniugi, i quali avevano violato la quarantena lo scorso 13 marzo 2020 nella città di Correggio e, alla richiesta degli agenti, avevano dichiarato di averlo fatto per eseguire talune analisi cliniche; dalla successiva attività di verifica risultò tuttavia che non vi fosse stato alcun accesso da parte dei due in ospedale e da ciò derivò una denuncia penale per entrambi. Il Giudice, però, ha ritenuto opportuno, in data 27 gennaio 2021, assolvere gli imputati per insussistenza del fatto, poiché, a suo dire, si sarebbe trattato di un falso inutile, cioè, citando lo stesso De Luca, gli imputati sono stati costretti a sottoscrivere un'autocertificazione incompatibile con lo Stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima. Detto in parole povere: il DPCM è stato ritenuto incostituzionale ed è stato disapplicato, pertanto il falso ideologico ravvisato in tale atto è divenuto innocuo.


Ma perché si parla di illegittimità?

Secondo il giudicante - riporto un riassunto delle sue parole - un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, seppur con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare che, nel nostro ordinamento giuridico, costituisce una sanzione penale restrittiva della libertà personale, che viene irrogata dal Giudice per alcuni reati, o all'esito del giudizio o in via cautelare, ma sempre a seguito di un procedimento tale da rispettare il diritto di difesa. Si faccia inoltre attenzione a non confondere la libertà di circolazione con la libertà personale: i limiti della prima attengono a luoghi specifici, il cui accesso può essere precluso perché ad esempio pericolosi; quando invece il divieto di spostamento riguarda le persone si configura come vera e propria limitazione della libertà personale. Si ricordi inoltre che la Corte Costituzionale ha ritenuto configurante una restrizione della libertà personale delle situazioni ben più lievi dell'obbligo di permanenza domiciliare, come ad esempio il prelievo ematico, oppure l'accompagnamento coattivo alla frontiera dello straniero. Chiaro allora che un DPCM che imponga tali coercizioni non può che risultare in contrasto con l'articolo 13 della nostra Costituzione, che sancisce l'inviolabilità della libertà personale. Qualcuno potrebbe allora chiedersi se sia mai possibile che ad un tale principio non siano ammesse deroghe, ad esempio per motivi di sicurezza; in effetti è consentito adottare delle misure restrittive della libertà personale ma solo ed esclusivamente per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Ecco allora che diviene chiara la ratio della sentenza di Dario De Luca: un DPCM è una fonte di rango secondario e non un atto normativo avente forza di legge, di conseguenza non è idoneo a disporre alcuna limitazione del principio costituzionale; inoltre, proprio perché trattasi di atto amministrativo, il Giudice Ordinario non deve rimettere la questione di legittimità alla Corte Costituzionale ma deve procedere direttamente alla disapplicazione.


Ma allora, se il DPCM è stato dichiarato illegittimo, perché non posso violare la zona rossa?

La sentenza del GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) del Tribunale di Reggio Emilia si applica solamente alla vicenda dallo stesso chiarita, ciò vuol dire che al più potrà costituire un precedente a sostegno della tesi dell'illegittimità dei decreti, da far valere in altri giudizi, ma certo non sarà vincolante se non per le parti in causa; detto in termini giuridici: il DPCM dell'8 marzo 2020 è stato disapplicato ma non abrogato. Ci si può chiedere allora perché il Giudice si sia limitato a ciò: molto semplicemente perché non è in suo potere annullare un atto amministrativo, solo il Tar può farlo, ma certamente non era questo il caso, perché la controversia in questione aveva ad oggetto questioni di competenza del Giudice ordinario. Ecco allora che il DPCM rimane pienamente valido e di conseguenza chi non lo rispetta rischia una multa; se la si dovesse ritenere ingiusta si potrebbe sempre fare ricorso, ma non è detto che ci si trovi di fronte ad un Giudice della stessa opinione del De Luca: molti altri magistrati infatti, finora, hanno applicato i decreti ritenendoli legittimi (ma di questi i media non parlano perché non fanno notizia).


Possiamo infine chiarire un ultimo aspetto: perché un ricorso così massiccio ai DPCM, visti anche i loro forti limiti?

A risponderci è lo stesso Giuseppe Conte: Non sarebbe stato possibile lasciare l'intera regolamentazione ai soli decreti legge poiché l'imprevedibilità dell'evoluzione pandemica ci ha costretto a intervenire svariate volte anche a distanza di pochi giorni e la conversione dei decreti legge va operata dal Parlamento entro 60 giorni, con la conseguenza che la medesima conversione sarebbe intervenuta, il più delle volte, a effetti ormai esauriti o comunque superati dal successivo decreto. In effetti le parole dell'ex Presidente appaiono condivisibili, ma un giurista può davvero passare sopra questi abusi di forma per farne rispettare il contenuto, indubbiamente legittimo? La risposta può variare a seconda dell'interlocutore, ma ciò che è certo è che le Costituzioni, come disse il senatore americano John Potter Stockton, oltre un secolo fa, sono nate come catene alle quali gli uomini legano se stessi nei momenti di lucidità, per non morire di mano suicida nei giorni di follia; allora se è vero che le leggi vanno rispettate normalmente è vero anche che valgono soprattutto nelle emergenze, quando si è più esposti ad arbitri di potere. Comunque si può dire che il Governo abbia imparato dai suoi errori, infatti l'ultimo decreto emesso dal nuovo Presidente del Consiglio Draghi, emanato in data 12 marzo 2021, ha assunto la forma del Decreto-Legge, che è lo strumento che il nostro ordinamento prevede per fronteggiare un evento imprevisto e che, a differenza del DPCM, ha forza di legge.


Giorgia Ponticiello

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