Molti conoscono l’Argentina: terra di tango, calcio e asado, ma soprattutto di default: avendone già sperimentati otto dalla nascita del Paese, questi stanno diventando più naturali per loro del calcio di strada. Ma il fallimento economico imminente non sarà come i precedenti: si preannuncia infatti la più grande bancarotta nazionale della storia, recuperando il triste scettro strappatogli dal Venezuela due anni e mezzo fa. Recentemente , a rendere ancora più complicata la trattativa con i creditori, si è aggiunta anche una particella microscopica, ma tanto grande da paralizzare il mondo. Il Covid-19 infatti non ha certo tardato a raggiungere l’Argentina, arrivando a Buenos Aires il 3 marzo. Grazie alla veloce individuazione dei primi casi e l’eccezionale tempismo delle misure di lockdown, imposte il 16 marzo per la provincia di Misiones e il 20 marzo per il resto del Paese, i contagi sono stati contenuti efficacemente e la curva si è appiattita considerevolmente: ad oggi si contano 6550 casi e 319 morti, a fronte di una popolazione di circa 45 milioni di persone. Ad ogni modo, questa rosa non è senza spine: vi è una forte carenza di materiale medico, che rende difficile seguire il protocollo volto a garantire la sicurezza del personale, oltre che una forte frammentazione all’interno delle varie componenti del sistema sanitario. Infatti, nonostante le promesse dell’esecutivo, pare difficile che il sistema sanitario pubblico, quello privato e quello della sicurezza sociale, garantito ai lavoratori dalle Obras Sociales, si possano coordinare efficacemente, in caso fosse necessario. Inoltre l’Argentina sta ancora combattendo la febbre dengue, che sinora ha contagiato quasi 20000 persone. Nonostante ciò si è fiduciosi che il numero di posti letto, 221 mila, di cui 10100 sono in terapia intensiva, sia sufficiente a reggere l’impatto del coronavirus. Migliorando la situazione l’Argentina si sta già muovendo verso una progressiva riapertura delle attività: a partire dal 10 maggio è stato permesso a tutto il Paese, a eccezione della capitale, di riaprire gradualmente per far ripartire l’economia, mentre, notando la maggiore diffusione nelle grandi città, l’area della Grande Buenos Aires non ha ancora il via libera. Se il virus inizierà a rallentare anche lì, allora l’Argentina potrà tornare a un buon regime di produzione, contenendo i danni economici a 5% del PIL. Tuttavia a preoccupare l’Argentina, come già anticipato, è l’ombra del suo nono default nella storia, il terzo dal 2000. Anche se il diretto fattore scatenante per questo evento sarebbe il mancato pagamento di 500 milioni di dollari di debito, il problema principale dell’Argentina consiste in circa 66 miliardi di dollari di debito estero che, alle condizioni attuali, non riusciranno a rendere ai creditori. Così il ministro dell’Economia Martín Guzmán, insieme al Presidente Alberto Fernández, hanno presentato un aggressivo piano di ristrutturazione dei circa 60 miliardi di debito consistente in un periodo di grazia di tre anni, che sarebbe servito a dare alle misure per rilanciare l’economia il tempo per funzionare, una riduzione del debito del 5% e un taglio del 62% nel pagamento degli interessi. I creditori però non hanno accolto favorevolmente la proposta e solo poco meno del 20% di questi sembrerebbe disposto ad accettare questi termini. Quello che rende la trattativa così difficile non è solo l’attuale condizione economica, ma anche il passato dell’Argentina. La nazione è sempre stato un enigma per molti, tanto che in economia si parla di paradosso argentino. Che sia complicato capire come mai il Paese abbia questo stranissimo comportamento in campo economico si può capire dalla famosa frase del premio Nobel Kuznets “Ci sono quattro tipi di Paesi: quelli sviluppati, quelli sottosviluppati, il Giappone e l’Argentina”. È quindi chiaro al lettore che in questa sede è impossibile fare una disamina esatta delle cause che portano una nazione che si è sviluppata prima di qualunque altra nella sua regione a essere uno dei più fragorosi fallimenti economici nella storia mondiale. È però possibile capire l'atteggiamento di gran parte dei creditori guardando a quanto è successo nel nuovo millennio. Quest’ultimo è stato velocemente aperto con un default nell’ultima settimana del 2001, facente parte di una depressione che già aveva colpito l’Argentina nel ‘98. I risultati di ciò furono un aumento esponenziale di disoccupazione e povertà e alla malnutrizione del 20% della popolazione, che portò a diverse morti infantili per fame, che allora furono uno shock per tutto il mondo. Seguì una faticosa ripresa, favorita dal boom del prezzo delle materie prime e dalla stabilizzazione del valore della valuta, il peso convertible (difficilmente confondibile col peso moneda nacional, peso ley e peso argentino), a un valore relativamente basso. Tuttavia, tra il 2014 e il 2015 l’inflazione galoppante e la svalutazione del peso portarono a un nuovo default e una nuova crisi, da cui la nazione non si è ancora risollevata. Ma probabilmente ciò che più ha danneggiato la credibilità della nazione agli occhi di molti creditori è stata l’illusione Macri. Questi vinse a sorpresa le elezioni dopo anni di vittorie del Kirchnerismo, una corrente populista di sinistra interna al Peronismo, e le sue promesse politiche neoliberiste affascinarono e persuasero la comunità finanziaria a dare alla nazione la sua grande chance. Notevole, ad esempio, fu il prestito di 56,3 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, che fu visto come il segnale di un cambiamento di direzione. Tuttavia il fallimento di Macri fu più che disastroso, aumentando il già consistente debito del Paese e consegnando a Fernández una nazione messa in ginocchio. E ora tocca a questi risollevare il Paese dalla crisi e trovare un modo per pagare i creditori. La posizione del suo governo riguardo la trattativa è stata chiara fin da subito: no a trattamenti di austerità, inutili in un’economia stagnante e debole, sì a iniziative coraggiose per rilanciare l’export. Il destino però sembra remargli contro: Covid-19 ha reso i creditori più indisposti a giungere a un compromesso a loro sfavorevole. Infatti il panorama economico pericolante sta spingendo molti a evitare ulteriori perdite e a fare pressione per severe politiche fiscali e minime modifiche agli accordi stipulati in precedenza. La trattativa si prospetta molto complicata, e l’accordo potrebbe essere fragile: solo un compromesso calibrato alla perfezione potrebbe dare al paese la opportunità di rilanciare l’economia, sia all’interno sia all’estero.
L’Argentina si trova così tra letali spire: la pandemia, che costituiva una minaccia senza precedenti e ora pare una battaglia vicina a essere abilmente vinta; l’economia argentina che chiede l’ultima chance di rialzarsi coraggiosamente con iniziative innovative e aggressive, mentre gli spettri del 2001 incombono; e infine i creditori che, in cerca di un accordo favorevole, devono trovare la via per salvare i propri risparmi in una trattativa ormai in salita. La situazione è quanto mai incerta, ma al Paese rimangono solo poche boccate d’aria.
Mathias Caccia
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